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Innanzitutto l’emozione!

Capire i piccoli al tempo dell’emergenza.

 

Innanzitutto, l’emozione!

Soltanto dopo la comprensione

 

Paul Gauguin

 

LE EMOZIONI.

Le emozioni vengono definite come qualcosa che ci agita e che ci spinge all’azione, sulla base della nostra valutazione di un evento. È qualcosa che tendenzialmente ci capita e su cui non esercitiamo un controllo consapevole, seppur nasca dai nostri stessi pensieri (e quindi, a fronte di un lavoro di auto consapevolezza si può imparare a gestire).

Nei bambini tutto questo è ancora più evidente: la loro immaturità li porta a provare emozioni intense ed a manifestarle senza filtri, in modo caotico e disorganizzato, talvolta trascinando nella loro emozione anche chi sta loro accanto. Le emozioni, tuttavia, hanno un ruolo centrale nello sviluppo di un individuo, ne sono il motore.

Cosa possiamo fare per i più piccoli?

Per questo è importante sapere come muoversi di fronte agli stati emotivi dei piccoli, in modo da essere anche in questo campo la migliore risposta di cui hanno bisogno, anche e soprattutto in questi giorni di emergenza, in cui i piccoli assorbono le emozioni e le preoccupazioni di noi adulti, ma hanno bisogno di punti di riferimento solidi che li aiutino a tenere insieme il tutto.

Imparare ad essere guida emotiva

I genitori hanno innanzitutto il compito di porsi come delle guide emotive. Ciò significa invitare il bambino ad esprimere le proprie emozioni, quali esse siano, ricordando che, nonostante la società ci porti a suddividere le emozioni in positive e negative, ogni emozione ha pari dignità ed ha il dovere di essere espressa in quanto parte integrante della personalità; l’energia emotiva necessita, in un bambino piccolo, di trovare sfogo e se ciò non avviene può dar vita a scoppi emotivi ed agitazioni ben maggiori. Il bambino ha bisogno di sapere che qualsiasi parte di sé verrà accettata e che la relazione con il genitore è sempre salda, nonostante vengano espresse emozioni forti; se noi genitori non siamo in grado di accettare anche le parti più difficili dei nostri figli, come faranno loro ad accettarsi nella loro integrità, nelle loro parti caotiche e disorganizzate, traumatiche e/o offensive? Sull’accettazione e l’integrazione della complessità dell’individuo si fondano le basi per l’autostima.

Accogliere, nominare, esprimere, trasformare: la regolazione emotiva

Concretamente, ciò che un genitore può fare è accogliere l’emozione del figlio, invitandolo ad esprimerla, e comunicargli che si prenderà cura di lui, nominando l’emozione ed insegnando così la congruenza tra il cuore e la bocca, strada per l’integrità e l’autenticità. In questo modo, inoltre, la relazione genitore-figlio ne sarà rinforzata, in quanto il bambino si sentirà protetto ed al sicuro. Pratiche come il “time-out” ed i castighi, se protratte per lunghi periodi, risultano controproducenti, in quanto agiscono sulla separazione tra genitore e figlio: se nell’immediato, infatti, si ottengono dei risultati (il bambino pur di ritornare ad essere in relazione con il genitore estingue la frustrazione e torna a comportarsi in modo adeguato), a lungo termine tali strategie dirottano il sistema emotivo e mettono a repentaglio la relazione d’attaccamento (l’emozione di fondo in realtà non si risolve, il bambino rimane incapace di esprimere la frustrazione e non ne prende consapevolezza, agendola successivamente in modo ancora incontrollato su altre persone/cose).

Contenere e proteggere

I genitori hanno il compito di porsi anche come scudi emotivi. Essere uno scudo vuol dire filtrare il mondo e fornire una protezione per il cuore, in modo che resti genuino e capace di esprimersi. Vuol dire permettere al bambino di esprimere sentimenti di fragilità (la stanchezza se ha bisogno di tranquillità, l’imbarazzo se si sente esposto, la cautela se è spaventato, il dispiacere di fronte ad eventi brutti…). Il bambino deve saper di poter contare sul genitore per comprendere ed orientarsi nel mondo emotivo, prevenendo così l’insorgere di difese emotive. Il cervello, infatti, è in grado di innalzare delle difese che inibiscono e proteggono la fragilità del cuore quando si sente sopraffatto da sentimenti troppo forti: per evitare di sentirsi in quel dato modo oppure per cercare di sopravvivere in un ambiente che infligge troppe ferite, si diventa indifferenti o, appunto, insensibili a tutto ciò che potrebbe portare a sentirsi così. (per es. un bambino abituato a vivere in uno stato di costante allarme a causa delle sgridate continue del genitore, si difende rimanendo indifferente alle urla, a meno che queste non diventino sempre più forti, in grado cioè di superare ogni volta le barriere erette). Le difese emotive sorgono in modo spontaneo, al di là di ogni controllo, e sono positive se rimangono fluide e non continuative. Importante, quindi, non sminuire, negare o razionalizzare qualsiasi sentimento, ma darne atto e legittimità, guidando alla verbalizzazione/riconoscimento e, passo passo, ad una gestione responsabile e consapevole delle emozioni.

La Temperanza, uno strumento a disposizione

In ultimo, ma non meno importante, gli adulti devono appellarsi alla loro temperanza, quale virtù che permette di fluire tra le emozioni; un adulto capace di autocontrollo e di una buona capacità di attraversare le emozioni senza sentirsene travolto, sarà in grado di stare e di mantenere la calma di fronte all’impulsività emotiva dei piccoli, si porrà come presenza accogliente che non giudica ma aspetta, comprende e, anche attraverso l’esempio, conduce verso la stabilità e l’equilibrio.

Valentina Noce, nido famiglia Il Sogno di una Noce.